martedì 15 luglio 2008

Gianfranco Funari, uomo libero

Riporto uno scritto di Marco Travaglio da l'Unità, 13 luglio 2008:

La telefonata arrivava alle ore più impensate, annunciata dalla voce dolce di Morena, la moglie. «Ti passo Gianfranco». «A Trava’, stammatina m’hai proprio fatto godereee…». E giù a ridere su Bellachioma, Uòlter, James Bondi. 

La prima volta che si fece vivo ero appena stato al Satyricon di Luttazzi, marzo 2001: «Ora quello rivince e ci fa un culo così. Io ci sono già passato, adesso tocca a te. Ma, quando vuoi, il mio programma per te è sempre aperto». 

Per cinque anni casa Funari fu per me l’unica porta aperta in tv, o quasi. Nello studiolo disadorno di Odeon, alle porte di Milano, capii che quell’omino barbuto e tossicchiante, aggrappato al bastone e all’eterna sigaretta, era un grande della tv. 

Gli piaceva sfatare i luoghi comuni e le verità ufficiali, cioè le bugie: per smontare quella dell’assoluzione di Andreotti (in realtà prescritto, dunque colpevole di mafia fino al 1980) aveva promosso una vera campagna, diventando amico del procuratore Caselli. 

Nella sua vita aveva guadagnato molti soldi, ma non vi era attaccato. E questo era il suo segreto, oltre al fiuto felino che gli faceva annusare in anticipo quel che «sente la gente». Perciò piaceva così tanto agli italiani semplici. Perciò Berlusconi l’aveva voluto con sé e per lo stesso motivo l’aveva poi cacciato per ordine «del Principe», cioè di Craxi. Perciò la cultura ufficiale lo snobbava, anche se per la cultura ha fatto più lui di cento professoroni (o forse proprio per questo).

Ieri è morto un uomo libero

E la televisione italiana, da oggi, è ancora meno libera.

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